come criticare per crescere?
- Cristina Piccin
- 9 janv. 2019
- 2 min de lecture

La vita dello sportivo, si sà, non è rosa e fiori. Egli lavora, suda, sbaglia e ricomincia innumerevoli volte, prima di compiere il gesto, la tecnica, l'allenamento, la gara come nei suoi desideri... come nell'immagine voluta dall'allenatore. Quest'ultimo è la guida, il compagno di viaggio, il maestro e l'amico che critica l'atleta per farlo reagire, per migliorarlo, per farlo crescere, per indirizzarlo.
Le ragioni della critica sono quasi sempre positive e con obiettivi di miglioramento, però spesso i modi, le argomentazioni, le formulazioni e i linguaggi non sono adatti alla crescita e alla costruzione di relazioni positive e di atleti motivati e sicuri. Ancora una volta la differenza si nasconde nel dettaglio...
La critica come "sorgente di miglioramento" e non strumento di valutazione.
Come tutti noi attori dello sport (allenatori ed atleti) sappiamo bene che una discussione può avere maggiori conseguenze sulla relazione tra i protagonisti di quest'ultima, piuttosto che sul semplice contenuto. Per tale ragione è importante per l'allenatore (che deve mantenere salda la fiducia portatagli dai suoi allievi) curare con attenzione la maniera di comunicare durante questi scambi con gli atleti. Le discussioni possono così provocare dei malintesi, che a loro volta porteranno a dei conflitti impliciti o espliciti, nuocendo in tale modo la relazione allenatore/allenato, che ad alto livello è di primordiale rilevanza nel conseguimento della massima prestazione.
Essendo umani, durante un litigio o uno scambio di pareri contrari, le emozioni negative o lo stress hanno un grande impatto sulla nostra maniera di comunicare, conducendoci in un circolo vizioso, che trasforma la critica costruttiva in distruttiva (per la relazione di fiducia). Questo perché il più delle volte attiviamo il pilota "automatico-difensivo", quando invece dovremmo utilizzare il pilota "automatico-adattato positivo" che ricerca una soluzione positiva.
Inoltre, degli studi dimostrano che, in situazione di conflitto, vengono attivate le parti del cervello non propense alla buona gestione dello stress.
Come fare?
Se il confronto diventa sorgente di litigio, rimandare la discussione: è importante prendere distanza e rimanere il più oggettivi possibili di fronte alle emozioni ed ai fatti.
Non infantilizzare l'interlocutore, questo facendo molta attenzione ai gesti e alla mimica.
Basarsi solamente sui fatti e la loro descrizione: partendo dai fatti e comportamenti precisi ed oggettivi, e non producendo giudizi di valore (e quindi soggettività).
Esprimete i vostri sentimenti: rendete pubblici quello che i fatti provocano in voi, utilizzando preferibilmente la prima persona "io", piuttosto che utilizzare il "tu" e il "lei" che trasformano la frase in accusa. Questo aumenta la sincerità e il vostro interlocutore automaticamente cercherà di immedesimarsi nella vostra situazione.
Proponete delle soluzioni: l'allenatore ha qui il ruolo di proiettare la discussione verso il futuro. E' importante quindi evitare le espressioni sul passato come "se mi avessi ascoltato", "l'avevo detto", al contrario cercate rapidamente una soluzione o una proposta che faccia rivolgere lo sguardo del vostro atleta (e il vostro) nella direzione del futuro, della COSTRUZIONE.
Mostrare le conseguenze positive: in modo tale dimostrate la relazione VINCENTE-VINCENTE, tra voi due.
Date segni di riconoscenza positivi: cominciate sempre la vostra critica con un aspetto positivo osservato per poi passare all'osservazione critica.
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