La calma della tigre: nella mente del combattente
- Cristina Piccin
- 18 sept. 2018
- 4 min de lecture

Oggi mi preme parlarvi della Preparazione Mentale, nella pratica sportiva che mi ha accompagnato ogni giorno della mia vita di bambina, adolescente e giovane donna e che mi accompagna ancor oggi: LO SPORT DI COMBATTIMENTO.
Dalla parola “combattimento” trapela un senso di sofferenza, battaglia con se stessi o con qualcun altro, uno scontro, ... Tutti sostantivi che potrebbero suscitare forse rabbia, violenza, negatività...
Ma come la mia lunga esperienza di atleta agonista mi ha insegnato e i miei studi nelle Scienze dello Sport e in Preparazione mentale mi hanno illustrato, calpestando 4 ore al giorno i tatami di allenamento (la materassina su cui i judoka si allenano) italiani, francesi e del mondo, lo sport di combattimento, che sia di opposizione (come la boxe, il karate, ecc.) o di prensione (come il judo, lotta, ju-jitsu, ecc.), che sia di origine orientale o occidentale, è l'emblema dell'equilibrio mentale che volontariamente o involontariamente lo sportivo allena: la cosiddetta “calma della tigre”.
Sì perché, come alcuni di voi sanno già, c'è una differenza sostanziale tra la violenza e l'aggressività:
“La violenza può essere definita come un atto contro l’altro con l’intenzione di provocare una sofferenza e/o una ferita. L’aggressività, invece, è un impulso spontaneo, una manifestazione della forza vitale. Può trasformarsi in violenza oppure in grinta. C’è un’aggressività sana, creativa, appassionata, che consente di fare le cose, di fronteggiare le situazioni, di sentirsi vivi e partecipi.” (A. Oliverio Ferraris Piccoli bulli crescono. BUR 2006 ).
Quindi, come potete immaginare, il combattente deve rimanere in equilibrio tra la calma e l'aggressività, cercando di non cedere alla violenza semplice, dimenticando così il suo obiettivo reale e facendosi “offuscare” da un sentimento non coerente con la sua pratica regolamentata.
Non è raro infatti di notare nei grandi appuntamenti di judo, di boxe, di lotta, di taekwondo, ecc. dei campioni che emanano grande sicurezza prima del combattimento e sul ring o sulla materassina e che rimangono quindi durante tutto il combattimento lucidi, calmi, ma aggressivi e grintosi.
Ciononostante quello che noi pubblico vediamo sugli schermi, nei tornei e nelle competizioni è solamente la punta dell'Iceberg di questa preparazione che i campioni e i futuri campioni effettuano dietro le quinte: una preparazione tecnica, una preparazione fisica, una preparazione strategica e tattica e non meno importante una preparazione mentale.
Non meno importante, ma più rara in quanto non sempre presa in considerazioni dagli allenatori, che molto spesso si improvvisano, ben intenzionati (a volte azzeccandoci e altre no) psicologi o preparatori mentali, non conoscendo giustamente la struttura, gli elementi di questo campo così vasto.
Tuttavia la preparazione mentale e psicologica è un vestito di “haute couture” che va costruito in base ai bisogni dell'atleta e non un semplice capo “pret-à-porter” (mi scuso per il paragone un po' esagerato). Pertanto, alle volte non basta la preparazione dell'allenatore o del preparatore fisico, ma una figura professionale viene quindi chiamata a far parte dello staff oppure l'atleta stesso che ne sente il bisogno fa appello all'intervento di un preparatore mentale. (ma ci tengo a precisare che secondo la mia filosofia di lavoro, il primo “coach” dello sportivo rimane l'allenatore, in quanto la relazione tra i due è eccezionale ed eccellente per raggiungere i massimi livelli; la figura professionale del mental coach si affianca ad essa come lo fa il preparatore fisico, il nutrizionista, ecc.) .
Si tratta quindi di ottimizzare le prestazioni in gara. É triste vedere dei combattenti che sudano per ore nelle palestre, sputano sangue nel vero senso della parola, che non ottengono le medaglie che si meritano perché si sono preparati male mentalmente. Gli atleti che hanno una forza mentale solida spesso presentano dei risultati più costanti durante la loro carriera.
Quali sono le “finestre” della "casa" chiamata preparazione mentale?
Le tre componenti più importanti negli sport di combattimento, che sono uno sport ad abilità "aperta" sono:
L'attivazione = la capacità di stare in uno stato di vigilanza estrema, quindi una grande reazione, un aumento della velocità, dell'esplosività e della potenza.
La gestione dell'ansia/dello stress = per mantenere la calma utile nell'analisi delle situazioni e di presa delle giuste decisioni al momento giusto
La concentrazione = per mantenere un contatto costante con l'azione, con il fine di approfittare ogni occasione che si presenta evitando gli errori e dando il massimo dall'inizio alla fine, esprimendo in tal modo l'intuizione e il talento che possediamo e che abbiamo allenato in palestra.
E quando queste finestre vengono a mancare?
Molto spesso (ma non bisogna mai generalizzare), la causa è rappresentata dai pensieri negativi o pensieriparassiti. Essi destabilizzano il pugile, il lottatore, il judoka, ecc. mentre egli è alla ricerca della concentrazione.
Esse sono generate da:
stress
paura di perdere
paura di infortunarsi
una scarsa capacità di concentrazione
insicurezza e le credenze limitanti
pressione dei compagni
paura di vincere
fattori esterni
fattori interni
Ma il paradosso della calma della tigre non è l'unico... perché per “combattere” questi pensieri distraenti , non bisogna combatterli! L'unico modo per imbrogliarli è lasciarli passare e sporstare la propria attenzione sui pensieri utili e positivi.
Per fare ciò esistono molti metodi che il preparatore mentale vi insegnerà, tra i quali: la visualizzazione motoria, la respirazione, gli “ ancoraggi”, la consapevolezza del corpo, e altri ancora. Tutte tecniche che si possono eseguire prima, durante o dopo la prestazione.
Insomma, la vera sfida del combattente è ottenere uno stato mentale ottimale ad ogni gara, avere un'attivazione adeguata e riuscire a mantenere una concentrazione d'acciaio!
dott. Cristina Piccin
Preparatrice mentale & coach
www.factorpmentalpreparation.com
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